
Arrivederci a l'anno prossimo :-)
Clicca ed ascolta ;-)
(immagine presa dal web)
Un' imminente partenza e relativi preparativi, mi rendevano indecisa circa la preparazione di un panettone col quale partecipare, al meraviglioso contest organizzato da Daphne.
La partenza, è stata rinviata dall’arrivo a sorpresa, dei miei fratellini dall’Inghilterra.
Approfittando della proroga della scadenza del contest, con l’entusiasmo di sempre, ho deciso di lanciarmi nell’ardua impresa, che m’ha tenuta sui carboni ardenti fino al raggiungimento del risultato finale…però...
CE L'HO FATTA!!!
Per essere il mio primo esperimento, mi ritengo molto soddisfatta...
grazie Daphne per l'opportunità!
"Ma è proupriou veuro che la cucina italiana sia la miglioure al moundo, oh yes"!!!
Settimana scorsa, sono arrivati freschi freschi dopo un anno di latitanza, the brothers dall’Inghilterra,
Non vi racconto mia madre nei preparativi in cucina, vi dico solo che ogni volta che ci alziamo da tavola, prestiamo attenzione a come camminare, un passo falso e BOOOOOOOOOM, potremmo pur esplodere!
Oltre ciò, devo dire che l’appetito degli italo-inglesi non manca eh!
Piluccano a più non posso e non INGRASSANOOOOOOOOO.
(Lady, ho dovuto nascondere le caramelline of various colors and different flavors che m’hai regalato, sarebbero finite in un blink of an eye!)
Ma che magnate in England oh? Solo porridge!? O è l'italian air che vi apre l’appetito?
Eppure ogni volta che vi sento su skype, mi raccontate che mangiate tanta fruits, vegetables e delicate food per mantenervi leggeri, riprendendo noi, che a detta vostra ci satolliamo come criceti!
Dai fratellini vi capisco! La cucina della mamy è sempre la più invitante…vedo anche quella della little sister però eh! Vi è piaciuta la mia torta...eccome se v'è piaciuta!!!
Friday, mi aggiravo per i miei blog preferiti, deliziandomi, almeno solo con gli occhi, delle meravigliose ricette proposte da tutte voi.
Curiosando nel purple blog dalla cara Stefania de "Cardamomo&co", le mie papille, hanno incrementato la produzione d'acquolina, alla vista della "simil pastiera", che praticamente è in pole position nella classifica dei miei dolci preferiti, amo i dolci con la ricotta (sbavo al solo pensiero…ehm..sorry!) e come scrivevo a Stefania in un commento, adoro la Sicilia anche per questo (vedi cannoli, cassata...)
La procedura, mi è sembrata al quanto fast rispetto a quella della pastiera classica.
Cosi, senza neanche pensarci a second more, l’ho realizzata!
Grazie a Stefania, ho assaporato per la prima volta la ricotta di pecora in un dolce, davvero squisita e corposa. Solitamente uso quella di mucca.
Thank you very much Stefania!
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“Con la partecipazione di” : qui la ricetta di Stefania
Per il ripieno:
1bella manciata di goggioline di cioccolato (da lei consigliate ma omesse)
2 cucchiai di acqua di fiori d’arancio (lei consiglia acqua di rose, ma non l'avevo e comunque ho dimenticato di comprarla)
“Mettiamo le mani in pasta” :
Mescolare la ricotta con lo zucchero, aggiungere le goggioline di ciocco e l’acqua di fiori d’arancio, mescolare e porre in frigo.
Per la pasta frolla:
1 uovo
1 pizzico di sale marino integrale
1 cucchiaio di acqua o latte (io acqua)
“Mettiamo le mani in pasta” :
Versare la farina sulla spianatoia, al centro porre il burro e lo zucchero lavorare i due con le punte delle dita, amalgamarli tra loro ed aggiungere l’uovo e il sale, amalgamare tutto, all’occorrenza aggiungere un cucchiaio d’acqua.
Formare una palla, trasferirla in frigo avvolta da pellicola, per almeno mezz’ora.
Stendere l’impasto su un foglio di carta da forno, lo spessore dovrà essere di mezzo cm più o meno.
Trasferire in una tortiera di
P.s mi raccomando, il bordo del disco di pasta nella tortiera, dovrà essere sufficientemente alto in modo da contenere il ripieno.
Versare il composto di ricotta e decorare con le striscette di pasta.
Trasferire in forno già caldo a 180° per circa mezz’ora o fino a doratura.
Far raffreddare bene prima di gustare.
Very very good!!!
1 - Postare la seguente frase: "Nenhum olhar è mais puro do que uma criança"......
2 - Postare il premio
3 - Far riferimento al forum "Arte da Li" http://li-katuki.blogspot.com blog molto carino e creativo
4 - Lasciare un commento rivolto a chi ti ha passato il premio
5 - Passare il premio a 10 amiche ed avvisarle
Dunque...ma io vorrei donarlo a chi passando di qui, voglia gioiosamente ritirarlo!!!
Vabè...spesso ho infranto le regole, non segnando i doni a nessuno ma a chi lo desiderasse...
potrei farlo anche questa volta?
Dai si si si :-)
Se pensate che non debba o non possa farlo, ditemelo pure, farò "il mio dovere" ;-)
(Immagine presa dal web)
Vi è mai capitato di partire dall’idea di realizzare una ricetta, custodita in mente da un po’ di giorni, per poi realizzarne un’altra utilizzando se non tutti, qualcuno degli ingredienti destinati alla precedente?
Sere fa, prima d’addormentarmi, è salito a galla il ricordo di una ricetta che mi fu consigliata un po’ di tempo fa, dalla gentil signora del negozio bio, in cui sovente mi reco per i miei migliori acquisti culinari.
Ricordo, d'essere entrata con l’intenzione di comprare della panna di soia, per la realizzazione d’una ricetta suggeritami dalla fantasia e che fiera conservavo in mente, aspettando il giorno in cui, presa dall’ispirazione, l’avrei concretizzata…come dite? Non avevo abbastanza sonno d’addormentarmi, senza por tempo in mezzo? E pensare a ricette vegan-vaganti?
Macchè! Gli ingredienti sono appena tre, il tempo di leggerli sul taccuino immaginario: panna, pasta e limone... e roooonf roooonf roooonf... il gioco è fatto, altro che contare le pecore!
Pasta con panna di soia e limone
" Con la partecipazione di” : dosi per 3-4 persone
1 brick di panna di soia da 20 cl bio
1-2 limone bio
“Mettiamo le mani in pasta” :
Porre su fuoco una pentola d’acqua, al bollore calare la pasta e salare.
Scolare ben benino (la panna di soia diversamente dalla classica è un pò più liquida, è necessario quindi scolare bene la pasta).
Versare la panna, amalgamare e grattugiare abbondante buccia di limone.
Squisiti!!!
Quando sorgono dei dubbi su come realizzare una qualsiasi pietanza, oltre a tamponare consultando la nostra fantasia, per non sbagliare, ricorriamo interpellando le conoscenze ed i consigli, eruditi dalla mamma, la nonna o l'amica.
Ma si! A volte capita di parlarne anche col droghiere, o col salumiere in un market dove l’intervento dei clienti, in attesa del proprio turno, può aiutare a risolvere i dubbi circa le dosi, o l’aggiunta di qualche ingrediente che completi perfettamente l’esito della ricetta.
Qualche giorno fa, ero in panciolle seduta sul divano, un momento tutto mio, qualche minuto di dolce far niente, mentre nell’aria ciondolavano di tanto in tanto le parole di mia madre, circa l’addobbo dell’albero di natale, che da 25 anni è rimasto tale e quale, comprese le palle ammaccate, fatte cadere dalle code di Peppino e Titina, il nostro si che è un albero vintage!
In questa atmosfera tutta natalizia, mi sono venuti in mente alcuni momenti d’infanzia, legati a questa festività, tra cui una pancia fatta a capanna, ogni volta che andavo a trovare l’amichetta della porta accanto, la cui nonna preparava i dolci di pasta di mandorle.
Una ricetta tipica del sud Italia , dove in alcuni paesi è realizzata in quantità industriale!
La voglia di riassaporare quei momenti di leccornia, nel preparare, far gustare e gustare questi dolcetti, è stata tanta.
Benchè la ricetta fosse di un facile unico, avevo voglia che mi fosse suggerita in ogni caso da una nonna, una qualsiasi nonna, in modo da aggiungere all’impasto anche una parte di tradizioni e la gentile disponibilità di raccontare le usanze del passato, che contraddistingue le dolci signore dal tuppo bianco.
Ma potevo chiedere consigli ad una nonna sconosciuta, che passeggiava per strada per i fatti suoi? Eccerto!
Un paio di sere fa, io e pagno, eravamo in giro per la spesa, pioveva poco, senza ombrello e senza cerata, camminavamo sotto i balconi per evitare, anche poco, di bagnarci.
Davanti a noi una signora di mezza età con un ombrello avana, senza pensarci, allungo il passo e mi dirigo verso lei, come una giornalista televisiva che rincorre un vip per tempestarlo di domande.
Nel frattempo, pagno ha approfittato con una scusa, a dileguarsi entrando nel negozio di generi alimentare in fondo alla strada.
pagnottella: “Signora buonasera! Vorrei farle una domanda, posso”?
Lei annuisce sorridendo.
pagnottella:”…come si fanno i dolcetti di pasta di mandorla”?
Sinceramente, pensavo mi prendesse per matta, anche perché in realtà…un po’… lo sono, al contrario m’ha disarmata con la sua cortese disponibilità, spiegandomi bene, bene, bene ogni passaggio, intercalando ogni 3-4 frasi “è facile”
signora: “Mi raccomando, signorì sopra, mettici “l pirillin d’argind”
pagnottella: “I piri chè? “
signora: Signorì, le palline argentate! Danno più di natale!
pagnottella: Ahhhh ok! TANTE GRAZIE SIGNORA!!!
(Signoraaa, menomale ch’era facile e m’hai tenuto mezz’ora sotto la pioggia che intanto incalzava, spiegandomi 450 volte la stessa tiritera…no scusate 449, eh quel che è giusto è giusto.
La signora m’ha guardata in faccia e avrà pensato: “a questa, è meglio ficcargliela bene in testa la spiegazione” )
signora: “Uhhhh signorinaaa”
pagnottella: “Siii”
signora: “Mi raccomando l’impasto mettilo nelle cartucce, altrimenti i dolcetti si “scacazzano”!
Sentori di smalto e di intatto, questo è quello che percepisco quando annuso le carte da gioco nuove, l’unico aspetto di cui parlerei, se dovessi esprimere un parere su queste tessere passatempo.
Ciò denota, uno scarso, anzi inesistente entusiasmo verso uno dei giochi da tavolo, più antico e diffuso del mondo.
Qui da noi, in questi giorni che precedono il natale, festività dalle mille sfaccettature, è diffusa l’usanza di riunirsi in casa di ognuno a turno, con amici parenti ed amici degli amici.
Sebbene abbia premesso di non amare particolarmente questo svago, mi piacerebbe in ogni modo, raccontarvi di uno dei giochi fatto con le carte napoletane, su grandi tavoli verdi, il cui colore è identico allo stato di chi giocando col denaro, rimane a secco di risorse.
Essere risucchiati dall’euforia del divertimento, che incalzando, contagia ineluttabilmente ogni giocatore.
Alla chiamata “Picozzo col morto” anche i dolci tipici sistemati a buffet, piluccati di tanto in tanto, rizzano le orecchie.
Lo conoscete? Magari in altre parti d’Italia ha un nome diverso…vado con le spiegazioni?
Siete pronti con carta e penna? O un copia incolla sarebbe più pratico ed attuale?
Ultima premessa, prima che perdiate tempo a trascrivere o memorizzare, occorre essere predisposti alle seguenti attitudini:
insistenza
dinamicità
astuzia
fantasia
complicità
simpatia
Si distribuisce una carta capovolta per ciascun giocatore, che non sfiorerà affinchè il cartaio non bussi al centro del tavolo, attenzione però! Il tocco potrebbe esser falso, poiché provocato dall’altra mano posta sotto il tavolo.
Questa è una prima trappola, in quanto a chi dovesse erroneamente sfuggire di toccare la carta, ci rimette la “vita”… state pensando che sia un gioco pericoloso per la vostra incolumità fisica vero?…Tranquilli…PEGGIO!...continuate pure a leggere.
Dopo essersi accertati del vero toc toc, è possibile prendere la carta, davanti la quale, si posizionano tre monetine o tre cioccolatini, tre caramelle o quello che volete, che indicano le “vite” di ogni partecipante.
I dieci e i nove si mostrano a tutti, chi al contrario ritiene di avere una carta bassa, in senso orario a partire dal cartaro, la cambia con quella del vicino, se malauguratamente quest’ultimo ha la carta scoperta (un dieci o un nove), il giro si blocca costringendo chi lo precede a cedere una delle 3 “vite”.
Fin qui tutto quasi tranquillo.
Il cartaro, raccoglie tutte le carte e il gioco ricomincia nella stessa maniera, procedendo finchè, chi rimane senza una “vita”, “muore”. Di qui in poi, inizia l’Odissea.
A questo punto il “morto” (parlante) s’affida alla propria scaltrezza, mettendo in pratica le sei abilità di cui sopra, per attirare l’attenzione dei “vivi”.
Capita che gli zombi in giro per casa aumentino e con loro le divertenti assurdità.
Vale far di tutto e quando dico tutto è… TUTTO…qui bolle il divertimento!
Chiaramente c’è sempre qualcuno che tende a porre dei paletti.
Scattano telefonate, si esce di casa sornionamente per arrivare alla tastiera del citofono o al campanello della porta, formula questa, che funziona particolarmente quando è il padrone di casa la vittima delle “torture”, tutto, pur di strappare una sillaba da chi è ancora “vivo e vegeto”, ma rimane impassibile davanti a tanta distrazione, infatti chi parla col “morto” gli cede una “vita” con cui resuscitare ed entrare nuovamente nella catena.
Chi invece, ad essere stuzzicato è in possesso di una sola vita e a causa di una irrecuperabile distrazione “morirà”, cederà il posto a chi è riuscito nell’intento.
Vince, l’unico a possedere anche solo una monetina, appropriandosi delle restanti sottratte agli altri.
Fiùùùùùù ce l’ho fatta! Almeno spero, d’esser stata chiara…al contrario, siete tutti invitati qui per una dimostrazione live, non più di
Rotolo briochioso con monetine di ciocco fondente e amarene sciroppate
“Con la partecipazione di” :
1 uovo medio
Un pizzico di sale marino integrale
2 cucchiai di acqua di fiori d’arancio
1 cucchiaino raso di preparato per purè o la metà di una piccola piccola patata
Qualche amarena sciroppata
2 belle manciate di monetine di cioccolato fondente o pezzetti di cioccolato
“Mettiamo le mani in pasta” :
Se pensiamo di adoperare la patata, occorre lessarla, pelarla e schiacciarla nell’apposito aggeggio.
Porre il lievito madre in una ciotola, versare l’acqua intiepidita e scioglierlo.
In un’altra ciotola capiente, trasferire la farina e il preparato per purè o la patata schiacciata, mescolare con le mani.
Nel frattempo, sciogliere il burro a bagnomaria e lasciarlo raffreddare.
Sbattere in un piatto fondo con una forchetta, l’uovo con lo zucchero, aggiungere l’acqua di fiori d’arancio, mescolare.
Creare un foro al centro della farina e versare l’uovo aromatizzato, mescolare un po’ ed aggiungere l’acqua con il lievito sciolto, continuando ad impastare, aggiungere il burro sciolto.
A metà e più dell’impastamento, aggiungere il sale e continuare ad impastare, affinchè ogni ingrediente sia legato per bene all’altro.
Coprire con pellicola la ciotola, trasferire in una busta e porre in forno spento a lievitare per 8 ore.
A lievitazione avvenuta, cospargere con della farina un piano e con l’aiuto di un mattarello, stendere l’impasto, formando un rettangolo più o meno regolare dello spessore di ½ cm grosso modo.
Adagiare le amarene precedentemente messe a sgocciolare in un colino e le monetine di cioccolato.
Arrotolare cominciando dal lato più corto, fino a formare un rotolo da trasferire su una teglia con carta da forno, coprire con altra carta da forno bagnata e strizzata bene, far in modo che la copertura non sia aderente al rotolo.
Porre altre 2 ore e mezza in un posto che non sia il forno, per una seconda lievitazione.
Un quarto d’ora prima di infornare, accendere il forno a 180°, eliminare la carta umida superiore dal rotolo e cuocere per 25 minuti circa.
P.s. 1) tengo a precisare che i tempi di lievitazione, variano in base alla forza del lievito madre.
2)Se il rotolo avanza, basterà conservarlo coperto con stagnola e il giorno seguente, tagliarlo a fette da scaldare in forno già caldo per qualche minuto o eseguire la procedura nel microonde.
(Immagine presa dal web)
Ogni anno, i primi giorni di scuola materna, erano una tortura per me e una disperazione per mia madre. "Abbandonare” la gonnella di mammuzza, mi sgretolava il cuore, i miei capricci la stressavano, ricordo la sua ginnastica mentale per mantenere la calma e cercare di accomodare il più possibile la circostanza.
Che gioia trascorrere qualche ora della giornata, tra tanti bimbi e l’affetto delle maestre, imparare canzoncine, disegnare e soprattutto giocare con la cera pongo.
Ne sento ancora l’odore, macchie di colore immaginarie tinteggiano i ricordi...forme infantili di pupazzetti stilizzati, castelli fatati dalle strane strutture, plasmare, lavorare ed affondare le manine, nella modellabile massa morbidosa, mi divertiva oltremodo, frammenti simulavano dolcetti e focacce in una mescolanza policromatica.
Oggi le stesse mani, solo diverse nella dimensione, giocano inabissandosi, palpando e mescolando una cera pongo blobbosa commestibile: il lievito madre.
Blobbina questo è il suo nome, è una docile bestiolina di un anno, capace di far “crescere” ora dopo ora, l'entusiasmo e l'amore amalgamati negli impasti.